Recensioni "Procedura d’urgenza"

Avvocati Associati

di Giuliano Berti Arnoaldi Veli (avvocato)
Fondazione forense bolognese, 22 marzo 2011

La quarta di copertina presenta il libro con un legal thriller.

Il legal thriller è quel romanzo di fantasia che racconta come la legge, con i suoi codici, i suoi riti, i suoi attori – avvocati giudici clienti – non riesca (quasi) mai a far trionfare la vera giustizia. La quale in genere si realizza grazie alla umanità, alla fantasia, al coraggio, magari anche all’agire fuori delle regole del protagonista, che volta a volta può essere il giudice, l’avvocato, il poliziotto, o spesso anche qualche volenteroso privato (in Erin Brokovich era una giovane impiegata, in Hurricane erano quattro studenti). Di solito l’eroe della storia riesce ad avere la meglio sulla avidità, sulla mala fede, sugli interessi dei potenti e sugli intralci burocratici. E’ un canovaccio sperimentato, come si è visto dai numerosissimi esempi che si sono letti, o visti, al cinema e nelle fiction seriali che si sono moltiplicate e che non mancano di tenere inchiodati lettori e spettatori.

La importanza dei legal thriller a fini didattici – in senso lato – anche per noi lettori che contemporaneamente pratichiamo il mondo del diritto, è stata sottolineata dal libro recente di Remo Danovi – Processo al buio – che è stato presentato con successo anche dalla Fondazione Forense bolognese nel gennaio scorso. Vi si esprime, in modo semplificato ma efficace, quello che la gente pensa del mondo della giustizia.

Il richiamo al cinema non è fuori luogo. La condizione psicologica del lettore di gialli (e dei legal thriller che ne sono una derivazione) è più quella di uno spettatore cinematografico che di un lettore vero e proprio (Sciascia). Come nel cinema, lo spettatore di identifica nel personaggio e così vive la vicenda dal di dentro, affidandosi all’onda emotiva di una “meditazione senza distacco, come nei sogni” (Alain). E sbagliano gli scrittori che vogliono mettere alla prova il lettore/spettatore, come se il giallo fosse un indovinello. Lo spettatore ammira la trama, aspetta che il mistero si sciolga sotto i suoi occhi, e che la giustizia, quella vera, trionfi.

In quel libro Danovi si occupa di venti film, sedici dei quali erano film USA, quasi tutti definibili come legal thriller. Gli avvocati ci fanno una figura piuttosto magra. Sono volta a volta corrotti, o imbroglioni, o incapaci; comunque, il trionfo della giustizia – quando c’è – non è mai ascrivibile a loro in via diretta. Quando paradossalmente l’avvocato vince una causa disperata, come ne Ilverdetto, è un avvocato alcolista, che raggiunge il risultato violando quasi tutte le norme deontologiche. C’è una eccezione (Il buio oltre la siepe) sulla quale torneremo; ma che ha il principale difetto di essere di cinquant’anni fa, di parlarci da un mondo lontano che non è più il nostro: mentre i thriller ci sono contemporanei.

Dunque il libro di Alberto segue le regole classiche. Racconta di una class action, di potenti che occultavano le prove, di connivenze dei controllori coi controllati. Una storia fantasiosa e forse un po’ vera, che sembra reinventata da frammenti di discorsi o da confidenze di colleghi o di soggetti con i quali sia venuto professionalmente in contatto.

Quel che si distacca dal consueto, nel libro, è che Alberto è meno severo nei confronti degli avvocati di quanto non avvenga di solito. Non credo di svelare un segreto dicendo che in realtà la figura dell’eroe positivo, nel libro di Alberto, la fa un avvocato e precisamente un avvocato donna, una dei tre soci dello studio associato (gli altri due sono uomini) che è poi il centro attorno al quale ruota la storia della class action e anche altre storie che procedono parallelamente.

Tutti i libri hanno più piani di lettura possibili. Anche il libro di Alberto ne ha più di uno. Poiché siamo fra avvocati, vorrei sottolineare una tematica più strettamente professionale che c’è nel libro : quella dell’esercizio professionale in forma associata. La storia ruota attorno alla vita di tre avvocati associati, che si sono messi a lavorare assieme da giovani, partendo da esperienze diverse. C’è certamente nella descrizione delle dinamiche interne ad un lavoro libero professionale in forma associata una quota della esperienza professionale di Alberto. Perché in effetti io ricordo bene, per avere svolto una ventina di anni fa una ricerca sugli studi associati bolognesi, che il fenomeno associativo era allora molto ridotto fra gli avvocati bolognesi. Bologna non è Milano, è un paesone tradizionalista, curioso del nuovo, tollerante fino a che non si vogliano sovvertire troppo le abitudini. Una città che dal rinascimento in poi fa i conti con il problema degli studenti, in particolare di quelli che qui si chiamano fuorisede.

Gli studenti per la città rappresentano sul piano intellettuale la vitalità, ma portano come indotto una serie di problemi che cambiano pur essendo grosso modo sempre quelli, ma dei quali non siamo chiamati a parlare stasera.

Ecco, Alberto era un fuorisede di giurisprudenza. I ricordi del periodo universitario erano già emersi nel suo primo libro “Il futuro di Giulia” che era uscito da nel 1995 presso Transeuropa (Transeuropa, la casa editrice anconitana eroica e giovanilistica , che aveva pubblicato Tondelli, la Ballestra, Cacucci, dunque altri fuorisede, e la prima edizione del fortunatissimo Jack Frusciante è uscito dal gruppo).

Ricordo di avere scoperto, nella mia ricerca, che lo studio associato – a forte componente marchigiana – del quale Alberto entrò a far parte era (e fu a lungo) il più grande della città; uno dei primi a discostarsi dalla impostazione artigianale-familiare tipica della maggior parte degli altri studi associati. Non sarà forse che i fuorisede sono professionisti associati per vocazione? Non sarà da loro che è venuto ai paciosi ma pigri bolognesi l’esempio per incamminarsi verso prospettive più moderne nella professione?

Ultimo piano di lettura. Torniamo ai film. Nel libro c’è una sorta di outing sulle ragioni che hanno spinto il protagonista a fare l’avvocato. Il protagonista dice di avere deciso dopo avere visto Il buio oltre la siepe. Era un film – lo rivedremo fra una settimana al nostro Cineforum – nel quale l’avvocato era davvero l’eroe, il difensore che – anche di fronte alla sconfitta – era stato la voce della giustizia. Questa citazione mi ha fatto ripensare che io ho conosciuto altri avvocati della generazione di Alberto che hanno deciso di fare l’avvocato sull’onda emotiva di un film, o anche per assimilazione del modello di tranquilla rettitudine trasmesso da Perry Mason E mi ha riportato – ma questo credo sia un effetto voluto dall’autore – a pensare alle ragioni che allora spinsero quelli della età di Alberto e mia a scegliere cosa fare nella vita. Era la fine degli anni ’70 a Bologna, un periodo che è stato ricordato proprio in questi giorni con una puntata de “La storia siamo noi” dedicato al movimento degli studenti bolognesi del ’77, e alla sua diversità da quelli ben più violenti degli autonomi di Milano e di Roma. Ci fu allora chi scelse vie violente e folli, anche fra chi studiava giurisprudenza; chi invece maturò il convincimento che quello che si può fare per dare sostanza a quelle belle frasi un po’ retoriche che tutti noi abbiamo nelle orecchie – sulla missione dell’avvocato e sul suo ruolo insopprimibile e costituzionalmente tutelato – è di essere indipendenti, e di diventare bravi. Così come brava è la protagonista del romanzo.

***

Giallo d’affetti dell’avvocato Piccinini

di Enrico Franceschini
Repubblica Bologna, 4 aprile 2011

«Gli altri pensano a noi infinitamente meno di quanto ci aspettiamo». Era l’amaro messaggio di «Caos calmo», il romanzo best-seller di Sandro Veronesi di qualche anno fa, diventato poi un film con Nanni Moretti.

Ma, nella massa anonima degli «altri», si può trovare anche qualcuno che pensa a noi. Qualcuno che è interessato a condividere davvero le nostre preoccupazioni, le nostre speranze, i nostri dubbi, insomma a farci sentire che non siamo soli e nemmeno rinchiusi nello stretto recinto degli affetti familiari, dipendenti soltanto da coniugi, figli, genitori, per ottenere comprensione e ascolto. Ed è un altro romanzo a raccontarcelo, «Procedura d’urgenza», terza opera narrativa di Alberto Piccinini, pubblicato in questi giorni. Poiché Piccinini – a parte scrivere – fa l’avvocato (a Bologna) e il suo libro ha la struttura di un giallo, è giocoforza catalogarlo come un legal thriller alla Grisham; ma dentro c’è molto di più. Uno dei suoi personaggi è convinto che il numero di persone che veramente contano nella vita di ciascuno di noi, quelle persone che si è abituati a informare di quanto ci accade, si può contare sulle dita di una mano: «Nella vita di ognuno di persone così, di cui si soffre davvero la perdita, ce ne sono solo quattro o cinque», dice. Ma non sono pochi, quattroo cinque amici veri con cui poter condividere tutto o quasi.

L’autore, la cui fiducia nell’avventura umana traspira da ogni pagina, è ancora più ottimista dei suoi personaggi: «Io lo raddoppierei, quel numero», confida al lettore in fondo al libro. E forse è proprio questo sentirsi parte di un gruppo, sapere che qualcun altro pensa a noi, che consente al protagonista della sua storia di «fare ogni tanto anche qualche piccola cosa giusta».

***

Eravamo tre avvocati in trattoria

di S.G.
Liberazione, 15 maggio 2011

Alberto Piccinini, autore di Procedura d’urgenza (Pendragon, pp 208, euro 15,00) esercita la professione di avvocato a Bologna e non è alla sua prima esperienza narrativa.

In questo romanzo, riuscito, tanto nella trama accattivante, quanto nel ritmo narrativo scandito dagli avvenimenti in cui incappano protagonisti e comprimari, riesce a dare vitalità ad un genere spesso inflazionato come il legal thriller. Accanto ad una storia, apparentemente innocente e marginale e che si rivelerà terribilmente veritiera nella sua improbabilità, pullula una umanità varia di avvocati giudici e imputati, di mogli, mariti e amanti, caratterizzati con ironia, descritti con le loro miserie e le loro virtù, le debolezze e i piccoli o grandi inganni di cui si compongono le relazioni fra persone.

Tutto ruota intorno a tre legali, amici, solidali in cui il finto cinismo di uno è complementare alla partecipazione ideale degli altri, in cui i legami, rinsaldati quotidianamente al solito tavolo di una trattoria, risultano più forti delle vite private, spesso difficili e maldestre dei singoli. Un rapporto di solidarietà e di rispetto che rende forti Claudio, Federica e Roberto, tanto da permettere loro di potersi  comunicare intenzioni, progetti, idee, e di salvarsi scontrandosi contro un avversario infinitamente più potente e pericoloso. Sullo  sfondo la musica e la letteratura come codice relazionale, il passato di passione politica e il presente di impegno professionale nei fatti solo scalfito dalle logiche del mercato.

Un testo ritmicamente veloce, costruito su paragrafi brevi e incisivi, come se invece che i tasti di un computer, lo scrittore avesse avuto fra le mani una fantastica videocamera in grado di inquadrare brevi  sequenze per poi ricostruire tutto in un puzzle dove tutti gli elementi si compenetrano. Viene restituita la vita di una procura e di una città di provincia in cui, attraverso una banale class action anche le alte sfere dell’establishment possono ritrovarsi a tremare.

***

Un avvincente legal thriller

di Valentina
libriblog.com 15 giugno 2011

La casa editrice Pendragon ha mandato alle stampe ad aprile 2011 l’avvincente legal thriller Procedura d’urgenza, scritto dall’avvocato bolognese Alberto Piccinini. Si tratta, in particolare, di un romanzo che si addentra nell’ambito dei casi giudiziari, nel mondo degli avvocati e dei tribunali, frequentati spesso da persone poco raccomandabili.

I protagonisti di Procedura d’urgenza di Alberto Piccinini sono Francesca, Claudio e Roberto, tre amici avvocati impegnati a mandare avanti il loro studio. Roberto, oltre a essere avvocato, si occupa spesso dei conti dello studio e per questo è soprannominato dai suoi due collaboratori “il ragioniere”. Claudio, invece, è un avvocato di circa 40 anni, diventato con il passare del tempo, cinico e realista. Francesca, infine, è unita a Claudio da una profonda amicizia e tende a svolgere il suo lavoro con la stessa passione di un tempo.

Il caso che potrebbe finalmente rappresentare una svolta per i tre amici avvocati sembra apparentemente semplice e all’inizio tutto fila in modo lineare e tranquillo. Improvvisamente, però, i tre protagonisti si trovano a dover fare i conti con eventi imprevisti, pedinamenti, investigatori, microspie e vari personaggi pericolosi…

Alle complicate vicende professionali, inoltre, s’intrecciano quelle personali dei tre avvocati che rendono la narrazione ancora più coinvolgente: amori che tornano dal passato, tradimenti e relazioni familiari complicate terranno impegnati i tre protagonisti fuori dall’orario di lavoro. Sull’altro fronte, invece, si alternano pericolosi intrighi politici, servizi segreti corrotti, pericolosi traffici d’armi internazionali e tribunali pieni di insospettabili loschi individui.

Procedura d’urgenza di Alberto Piccinini è un thriller che cattura l’attenzione del lettore sin dall’inizio grazie a strategie narrative magistrali e ai focus sulla vita privata dei protagonisti e degli altri personaggi principali; un romanzo adatto a tutti coloro che vogliono addentrarsi nel complicato mondo della giustizia e della legge.

***

Quando esplodono bombole per auto e affinità elettive

di Alessandro Castellari
12 luglio 2011 —   La Repubblica sezione: BOLOGNA

PROCEDURA D’URGENZA di Alberto Piccinini (Pendragon) ha al centro un caso di bombole per auto difettose, alcune delle quali sono scoppiate provocando anche delle vittime. Ma attorno alla Nuova Autogas si scoprono controlli ministeriali negativi e subito insabbiati, inchieste giudiziarie aperte e mai chiuse, presidenti di tribunali collusi, e, nel fondo ancor più oscuro, strani giochi in borsa e traffici internazionali d’armi. Lungo questa torbida pista si muovono Claudio, Roberto e Federica, gli avvocati di uno studio associato nato “al servizio degli ultimi”, ma a volte costretto, per far tornare i conti, a difendere cause meno nobili nel campo civilistico.

Quando a proposito di Claudio è scritto: “In testa gli ronzavano, confondendosi fra loro, microspie, servizi segreti, intrighi politici, avide labbra, occasioni perdute, la soda consistenza di un seno amico”, ecco, lì mi pare consista la cifra stilistica del romanzo. Esso allarga i confini della detective story e, senza togliere nulla alla coerenza della detection, esplora i casi umani, si sofferma sui dettagli (Nick che ruba le moto nel Pratello, il montascale per la signora invalida, il reinserimento a scuola di Ibrahim), rivela il senso dei non detti e dei silenzi. Non rinuncia, insomma, alla sua natura multiforme.

***

Vivere le storie

di Gianpaolo Carbonetto (giornalista)
Udine, 30 settembre 2011

Vorrei cominciare questa presentazione ringraziando chi me l’ha proposta, anche pur sapendo che professionalmente mi sono confrontato quasi sempre con libri di saggistica e non di narrativa e se – ma questo non poteva saperlo – nelle mie letture ho preso in mano moltissimi thriller, ma soltanto raramente quelli di firma italiana. Devo ringraziarlo perché ho avuto occasione di leggere Procedura d’urgenza non soltanto senza noia e difficoltà, ma, anzi, con vero piacere. Leggi tutto (PDF)

***